Furto di energia elettrica e procedibilita’ a querela: i contrasti in Cassazione
Può il Pubblico Ministero contestarmi un'aggravante che rende il reato di furto procedibile d'ufficio senza che sia stata proposta querela?
Secondo la Cassazione più recente sì .
Ma vi è contrasto fra le pronunce.
Come noto, la Riforma Cartabia e' intervenuta sul regime di procedibilità del delitto di furto rendendolo procedibile a querela, salvo alcune eccezioni .
E' evidente come sin da subito si sia posto il problema della procedibilità dei reati che prima della Cartabia erano procedibili d'ufficio e dopo, invece, a querela.
La stessa legge Cartabia ha statuito come con riferimento ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore la persona offesa avesse un termine di 3 mesi per presentarla decorrenti dalla data di entrata in vigore della stessa ( 30 dicembre 2022) e fino , pertanto, al 30 marzo 2023.
Immaginiamo di essere imputati di furto di energia elettrica che, dopo la Cartabia, diviene procedibile a querela e che questa, alla data del 31 marzo, non sia stata presentata.
Può il pubblico ministero procedere in udienza ad una contestazione suppletiva di un'aggravante tale da rendere il mio reato procedibile d'ufficio successivamente allo spirare del termine per la presentazione della querela?
Ebbene, allo stato sussite contrasto tra le sezioni semplici della Corte di Cassazione in merito a tale possibilità .
Se è vero pertanto che di seguito illustrerò in termini più tecnici le recentissime sentenze della Cassazione che ammettono tale possibilità , e' anche vero che
sicuramente il vostro legale cercherà di far valere le contrapposte pronunce della Suprema Corte di Cassazione che ritengono che il pubblico ministero non possa procedere alla contestazione suppletiva, sollecitando, se del caso, con i mezzi a disposizione, una rimessione della questione alle Sezioni Unite per dirimere il contrasto presente in giurisprudenza .
Sul punto invero è opportuno segnalare la recente pronuncia della Cassazione (Cass. Pen. Sez.V, ud. 11/04/2024 n.17532) che , lasciandosi sfuggire l’opportunità di una rimessione della questione controversa alle Sezioni Unite, ha annullato, a seguito di ricorso della Procuratore Generale, una sentenza di improcedibilità che aveva negato al pubblico ministero la possibilità di contestare in udienza la circostanza aggravante del furto commesso su cosa destinata al pubblico servizio - che avrebbe reso il reato come procedibilità d'ufficio: secondo la Cassazione il giudice di merito, così facendo, sarebbe incorso in una nullità assoluta (analoga decisione è stata presa in un caso simile dalla IV sezione della Corte di Cassazione numero 14710 del 2024).
La Cassazione ha evidenziato come secondo la statuizione di cui all'art. 129 c.p.p. (“obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità”) prima si "aggiusta" la contestazione in modo che l'accusa rappresenti fedelmente il fatto storico principale con le sue connotazioni circostanziali e poi si procede, eventualmente, alla immediata definizione del processo.
Pertanto tale disposizione inibirebbe al giudice che rileva una causa di non punibilità esclusivamente i poteri istruttori relativi al thema decidendum , senza tuttavia inibire l'attività processuale , diversa da quella istruttoria, che deriva dal diritto delle parti all'ascolto nel contraddittorio, avendo essi la potestà di dare sfogo alle pretese proprie della fase processuale in essere.
Tra queste, viene espressamente richiamata, proprio l'esclusiva potestà del pubblico ministero di modificare l'imputazione.
La Cassazione ha poi cercato di spiegare perché in questo caso non si applicano principi analoghi a quelli espressi in tema di prescrizione dalla sentenza delle Sezioni Unite Domingo n.49935 del 2023, relativa alla determinazione del tempo necessario a prescrivere a seguito di un aumento di pena conseguente ad una recidiva contestata successivamente alla decorrenza del termine di prescrizione del reato così come contestato originariamente.
In tale caso infatti le Sezioni Unite hanno stabilito che a prevalere fosse la maturazione della prescrizione: ogni attività processuale eventualmente svolta in data successiva alla maturazione della prescrizione sarebbe improduttiva di effetti essendo neutralizzata dagli effetti della causa estintiva.
La ratio della prevalenza della prescrizione si rinviene nella valenza massima che i principi costituzionali danno al trascorrere del tempo, al conseguente venir meno dell'interesse punitivo dello Stato ed alla necessità di una sua immediata dichiarazione.
Diversa , secondo la Cassazione, sarebbe invece l'improcedibilità per mancanza di querela. Secondo la Consulta negare al pubblico ministero il potere di procedere ad una contestazione suppletiva significherebbe mettere a repentaglio i valori costituzionali tutelati dagli artt . 3 e 112 della Costituzione, ricollegandosi al principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale.
La condizione di procedibilità, a differenza della prescrizione, dipende invece dalla persona offesa sicché è qualcosa che non matura ad un certo momento preciso ma può essere revocata in ogni momento e si sarebbe altresì di fronte ad una situazione in cui il pubblico ministero non ha avuto alcuna possibilità di assumere le iniziative necessarie per adeguare il processo alle nuove regole.
E' evidente come tale soluzione poco convinca e quanto, dunque , sia auspicabile un intervento delle Sezioni Unite, sussistendo contrastanti pronunce delle Sezioni semplici della Cassazione.
Basti pensare ad altra pronuncia della Cassazione ove, in un modo a mio avviso certamente più condivisibile, si faccia dipendere l'ammissibilità della contestazione suppletiva del pubblico ministero dal fatto che la nuova contestazione si fondi su una nuova circostanza di fatto emersa successivamente e non su una nuova valutazione della pubblica accusa (Cass.,Sez. IV,n.44157 del 2023).
In base a questo orientamento la mancanza di una condizione di procedibilità preclude qualsivoglia attività processuale comportando quindi l'obbligo immediato di declaratoria di improcedibilità da parte del giudice ai sensi dell'art. 129 c.p.p.
Opinare diversamente, secondo tale pronuncia, significherebbe ammettere un'ingiustificata modifica in peius a carico dell'imputato che dovrebbe rispondere di un reato che, alla data del 31 marzo 2023 , è divenuto improcedibile con un'operazione ex post inammissibile, a prescindere dalla correttezza sostanziale o meno della contestazione suppletiva.
In conclusione , secondo queste recenti pronunce sopra commentate, il pubblico ministero può validamente effettuare una contestazione suppletiva di una circostanza aggravante che renda il reato di furto procedibile d'ufficio, tuttavia:
- rimane ferma tuttavia la possibilità per l'imputato di chiedere ed ottenere , tramite il proprio difensore , un termine a difesa per prove contrarie
- o la rimissione in termini per chiedere riti alternativi o l'oblazione.
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